La rivoluzione dei caucus

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La scorsa domenica, il 19, a Firenze, si è tenuto il primo “caucus” del CLN in Toscana. Da curioso di natura quale sono, dopo aver conosciuto lo scorso 2 giugno al convegno nazionale sulla prospettiva costituente di Marina di Massa il coordinatore regionale ligure Stefano Contin, ho deciso di prendervi parte e questo è il resoconto dell’esperienza.

Una breve premessa. Cosa sono i “caucus” e cos’è il CLN?

«Negli Stati Uniti d’America, riunione dei dirigenti di un partito politico per la scelta di candidati alle elezioni o a ricoprire cariche pubbliche, per stabilire programmi o fissare l’ordine del giorno per le assemblee generali del partito.»

L’origine di questo strumento di democrazia partecipata proviene dalla cultura tribale degli indiani d’America:

‪«La parola “caucus “deriva, molto probabilmente,‬ da un termine in lingua Algonquia – una tribù indiana che abitava il Nord America‬ prima dell’arrivo dei colonizzatori – usato per indicare il “consiglio degli anziani”.‬ Per noi oggi rappresenta l’occasione di incontro tra sostenitori di un movimento‬ ‪politico che si voglia dare una rappresentanza e una organizzazione, nell’ottica‬ ‪di un personale e sentito desiderio di agire per l’interesse collettivo nella cornice‬ ‪dei valori portati avanti dal CLN.‬»

Fonte: https://www.comitatoliberazionenazionale.it/wp-content/uploads/2022/06/Regolamento-Caucus-Regionale-2022.pdf

Quanto al CLN, si tratta di una organizzazione che prende ispirazione dallo storico Comitato di Liberazione Nazionale sorto durante la Resistenza al nazi-fascismo e il cui ispiratore è il docente di diritto internazionale e comparato, il torinese Ugo Mattei.

«È nato il Comitato di Liberazione Nazionale! Il simbolo del nuovo CLN è l’ape operaia e lavoratrice per il bene comune, in una Repubblica “fondata sul lavoro” che al presente nega il diritto di lavorare ai tanti che non si sono piegati al liberticidio della certificazione Covid. Alla partecipazione a titolo personale, si sono affiancate le associazioni e i comitati sul territorio. Fra le prime organizzazioni che hanno comunicato la propria adesione si annoverano il Sindacato Fisi, Resistenza Radicale, Federazione Rinascimento Italia, CARC. La Cooperativa di mutuo soccorso Generazioni Future si è provvisoriamente messa a disposizione come incubatore. Dall’annuncio del CLN avvenuto a Torino l’8 dicembre scorso, 25.000 persone hanno aderito.»

Fonte: https://www.comitatoliberazionenazionale.it/chi-siamo/

Il CLN non è (al momento) un partito o movimento politico, anche se c’è da augurarsi che lo diventi e sotto spiegherò perché, ma un coordinamento nazionale tra piazze, partiti, associazioni e comitati dell’area del dissenso anti-sistemica. Per area del dissenso anti-sistemica si intendono tutti quei soggetti che leggono nelle decisioni “sanitarie” del biennio 2020/2022 e poi nel coinvolgimento nella guerra per procura degli Stati Uniti contro la Federazione Russa un vero e proprio “colpo di Stato”, eversivo della Costituzione, con lo scopo di produrre l’affermazione del cosiddetto “capitalismo della sorveglianza” e insieme l’arrocco difensivo dell’area di mercato atlantista (cosiddetta “globalizzazione unipolare”): più in generale, le forze del dissenso anti-sistemico vedono un attacco della parte alta della piramide sociale al resto della popolazione, con l’obiettivo di resistere ai mutamenti geo-politici e alle trasformazioni tecnologiche ed economiche in atto conservando e accrescendo i propri privilegi. Il movimento è pertanto “anti-sistemico” in quanto considera tutte le forze attualmente elette nel Parlamento italiano, sia di governo che di opposizione, come responsabili di condotte e decisioni contro le quali è possibile invocare il diritto/dovere costituente di resistenza, disobbedienza, nonché di insurrezione contro ogni forma di oppressione e violazione dei diritti umani costituzionalmente garantiti. Se dunque quest’area dovesse arrivare un giorno al governo del Paese, avrebbe il compito di processare un’intera classe dirigente e rifondare la legge fondamentale dello Stato con una nuova Assemblea Costituente. In conclusione quest’area non rappresenta soltanto un insieme di nuovi soggetti politici più o meno omogenei e disposti ad allearsi per contendersi il potere in alternativa agli attuali occupanti delle pubbliche istituzioni, ma un vero e proprio nuovo arco costituzionale, diversissimo al suo interno, che mira a sostituirsi del tutto a quello sorto con le prime elezioni libere del 1946. Lo scopo è quello di cambiare il regime repubblicano, non un governo o l’altro, e produrre una carta costituzionale di terza generazione per affrontare tutti i nodi della contemporaneità.

Ciò premesso in via breve, tanto per comprendere la novità politica di cui stiamo parlando e insieme la drammaticità del momento che stiamo vivendo in questi giorni, in cui senza alcun dibattito pubblico e parlamentare stiamo gradualmente scivolando in un terzo conflitto mondiale dopo aver subito due anni di militarizzazione sociale col pretesto/paradigma dell’emergenza sanitaria, veniamo a scoprire questa esperienza dei “caucus” con i quali il CLN si sta dando una struttura nazionale.

Un’immagine della mia presentazione.

Personalmente, vi ho preso parte come candidato dell’associazione socio-culturale Rivoluzione Allegra, di cui sono presidente dalla fondazione (nel novembre dello scorso anno). Alla presenza di circa 150 persone – concentrazione straordinaria in una città “difficile”, dal punto di vista della partecipazione, come Firenze –, sotto il caldo torrido del parco dell’Anconella, dalle 17 alle 20 si è tenuta una vera e propria “rappresentazione in forma scenica” del funzionamento di una democrazia. Quattro candidati, tre di Firenze e uno solo della provincia toscana – il sottoscritto –, si sono sottoposti al giudizio degli elettori presenti con un discorso ciascuno di circa dieci minuti. Al termine degli interventi di presentazione, gli organizzatori hanno chiesto ai candidati di prendere posizione a distanza di circa tre metri gli uni dagli altri per consentire che le persone formassero una “fila indiana” a sostengo del loro candidato preferito. Un volto un voto, le origini “fisiche” della democrazia rappresentativa. Non vi nascondo che è stata un’esperienza dal forte impatto emotivo assistere, da candidato, allo spostamento di persone dietro la mia persona, ma anche una presa di coscienza della responsabilità che mi stavo assumendo con questo “farmi carico”.

Il momento delle “file indiane” per eleggere il coordinatore.

Al primo passaggio sono risultato in svantaggio con 39 “persone di sostegno”, il primo classificato – il prof. Alessandro Vignozzi – era a 51/52. A quel punto avremmo dovuto fare, da regolamento, un piccolo conciliabolo per stabilire se andare o meno al ballottaggio, in quanto in presenza di più di due candidati è prevista questa possibilità, “previo accordo tra i candidati”. Il caldo, l’emozione, la stanchezza, questo passaggio è stato saltato, come pure è saltato il breve intervento di cinque minuti ciascuno che i primi due avrebbero dovuto tenere prima del secondo turno. Gli organizzatori hanno semplicemente chiesto ai presenti di spostarsi fisicamente (e alla svelta, vista l’afa) presso uno degli ultimi due candidati rimasti. Col senno di poi, e senza nessuna polemica, questi passaggi previsti dal regolamento costudiscono un senso politico ben preciso: il conciliabolo tra i candidati ci avrebbe consentito di siglare degli accordi, specie con i candidati uscenti, ognuno dei quali costituisce il possibile leader di un preciso gruppo di persone, andando a rinforzare questa o quella candidatura in una squadra comune.

Mi spiego meglio, perché questo è un passaggio politico davvero importante: in democrazia non esiste mai un solo leader, ma un insieme di leader che convergono su questo o quello, dandogli anche la forza dei rispettivi gruppi di appoggio. Funziona così in ogni gruppo umano articolato e la proiezione di questa leadership allargata trova poi sistemazione nei cosiddetti esecutivi o direttivi o coordinamenti che dir si voglia. Dunque i “caucus”, nella loro forma statutaria, non dovrebbero semplicemente eleggere un coordinatore, ma una vera e propria squadra di lavoro, “previo accordo tra i candidati”. La nostra democrazia si è forse dimenticata il rapporto che lega ogni singola persona di un gruppo a tutte le altre e questo dev’essere uno dei fattori che ha prodotto lo scollamento dei rappresentanti rispetto al resto del Paese e pure lo scollamento dei rappresentanti tra di loro. Nel 1946, con le bande partigiane, le cose dovevano essere molto più chiare, chiare come potevano averle gli indiani Algonquia delle regioni boscose. Così pure il breve intervento di cinque minuti, nel caso in cui i candidati si fossero accordati preventivamente per il ballottaggio – che potevano anche decidere di non tenere –, avrebbe consentito a ognuno di proporre il proprio ragionamento alla “tribù”.

Tuttavia nulla vieta, una volta compresa la ragione di determinati passaggi, di trovare un accordo successivo nell’interesse del pieno e corretto funzionamento del CLN toscano. Anche perché io ho vissuto un’esperienza straordinaria dal punto di vista politico, ma anche umano.

Quando il prof. Vignozzi è salito sul palco con la carrozzella scortato da tre uomini, il supporto respiratorio, il corpo immobile e sconvolto come quello di un Cristo, ho dubitato delle sue capacità. Invece poi ha preso a parlare con voce chiara e stentorea, l’eloquio fluido, la memoria in ottime condizioni, le idee decise e taglienti, i contenuti politici perfetti (compreso l’attacco al “buonismo”). Se non fossi stato coinvolto, a quel punto avrei votato per lui. Ho appreso una lezione umana irripetibile e solo questo aspetto rende per me memorabile la giornata e valida l’elezione. A questo punto, non resterà che prendere adesso quegli accordi che non è stato possibile prendere durante i passaggi precedenti e metterci nella prospettiva di organizzare il resto dei caucus provinciali.

Il prof. Alessandro Vignozzi, eletto coordinatore regionale del CLN.

E qui passiamo all’ultima riflessione. Perché dar vita all’ennesimo coordinamento, all’ennesimo soggetto organizzativo e politico, non è già abbastanza frastagliata e divisa la nostra area? Le ultime amministrative hanno chiaramente dimostrato che senza alleanze siamo destinati a soccombere. E sarebbe un grave errore, perché divisi e senza copertura mediatica, istituzionale e territoriale come eravamo, abbiamo preso all’alba del nostro apparire il 2,89 % dei voti su base nazionale, ovvero più del corrispettivo del Movimento 5 Stelle al tramonto (2,50 %). Un risultato modesto in termini assoluti, certo, ma incoraggiante per confronto e in prospettiva.

La mia risposta è il motivo stesso per cui ho partecipato al caucus del CLN e adesso ho intenzione, se mi verrà permesso, di aiutare questa organizzazione ad articolarsi su tutto il territorio nazionale: 1) è meglio avere, in questa fase, più possibilità di azione, perché diverse di queste organizzazioni sono ancora fragilissime e possono avvitarsi in rapide crisi mandando all’aria il lavoro di mesi, come abbiamo già visto succedere e come accadrà ancora finché il fronte anti-sistemico non si sarà elettoralmente stabilizzato nelle sue principali compagini; 2) la nostra battaglia è contro la soperchieria dell’esecutivo e dunque il nostro compito costituente è produrre una parcellizzazione del potere, non un contro-potere uguale o peggiore di quello che combattiamo; 3) siamo contrari a partiti unici, ad ammucchiate elettorali e a voti di protesta senza contenuto reale in stile 5 Stelle; 4) i caucus rappresentano una nuova, convincente opportunità di riportare le persone a una forma di cittadinanza attiva, riscoprendo le origini della democrazia e del fare comunità, oltre a rappresentare un modo molto scenografico per eleggere rappresentanti e in futuro, eventualmente, candidati condivisi superando il concetto ormai usurato di “primarie”; 5) la nostra è una prospettiva costituente, e dunque ogni soggetto del nostro arco costituzionale trova la propria casella ideologica, sociale, dottrinale, politica, all’interno di questo arco costituzionale trasversale, non è assolutamente indispensabile costruire una omogeneità politica come non fu necessario nel 1946. Anzi, è deleterio, perché la “mistica dell’unità” produce atteggiamenti divisivi, agonistici, unanimisti, settari, che è tutto il contrario di quello che ci serve politicamente e in definitiva proprio ciò contro cui lottiamo (si veda alla voce elezioni politiche, quando i poli si ricompattano solo per sconfiggersi l’un l’altro, senz’altro contenuto, appunto, che “l’unità contro il comune nemico”, andando poi a formare una compagine governo/opposizione sistemica). Noi infatti non dobbiamo fare tutti un passo indietro per farne fare uno in avanti a un movimento o a un “terzo polo” sistemico, ma dobbiamo fare tutti un passo indietro per farne fare uno in avanti al Paese dentro una prospettiva costituente, legandoci a un mandato univoco: processare i responsabili del tracollo della democrazia e chiamare gli stati generali della società in una nuova Assemblea Costituente, dopo che ci saremo sbarazzati dell’arco costituzionale responsabile dell’attuale sfacelo.

E questa, appunto, fu proprio la prospettiva del Comitato di Liberazione Nazionale.


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