Altri Eretici: l’evoluzione inarrestabile di una visione che si rinnova.
Permettetemi la volontà di giustificare in poche righe un titolo (Altri Eretici) che richiama volutamente e così da vicino un importante romanzo; eretico a modo suo.
Nel 1980 uscì il testo tondelliano che segnò una svolta nel linguaggio del panorama letterario italiano. Il romanzo Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli descrive le “gesta” le difficoltà le avventure le discriminazioni il linguaggio le violenze le sofferenze e i sogni di un libertinaggio di altro genere (nel senso di gender). Quello che qui è importante osservare è che il “gesto” non cambia; le dinamiche legate al concetto e al senso di libertinismo (non proprio il libertinismo spirituale di Gioacchino da Fiore, s’intente), sia da parte dei libertini che da parte di chi li condanna, restano inalterate nella sostanza e nel significato.
Si potrebbe addirittura azzardare un accostamento tra il testo tondelliano e il Don Giovanni di Da Ponte/Mozart. Magari un’altra volta.
Perché dico questo? perché questo articolo (un pastiche a dire il vero) vuole procedere per analogie. Non perché ce ne sia uno speciale bisogno ma per vedere se col metodo dei rimandi riesco – almeno un po’ – a farmi seguire da tutti e accompagnare chi ne avesse voglia lungo il perimetro di una riflessione che, da una parte delimita la sensatezza e la necessità di una serena ma veloce e massiccia presa di coscienza da parte di tutte le “genti” riguardo a ciò che sta accadendo oggi; e dall’altra un baratro. (Verosimilmente quel “Grande Reset” cui Giulio Milani ci accenna nel suo articolo del 10 maggio scorso).
Per parlare di nuovi eretici non c’è bisogno di partire da una nuova eresia. L’eresia non invecchia con il passare dei secoli. È invece ciò che punta il dito contro di essa (contro l’eresia) che deteriora, diventa stantio. Comincia a puzzare a rilasciare i germi del male estremo. L’odoraccio si riconosce; è quello. È di questo che c’è un impellente bisogno di sbarazzarsi.
Se dovessi prodigarmi in una prima analogia e trasformare il concetto di eresia in una grandezza fisica la trasformerei in forza. La forza è un’entità che può generare energia. E questo può fare l’eresia, attraverso i movimenti sociali, attraverso la libertà di crearsi un cammino.
Io, per esempio, scelgo di cominciare questa chiacchierata seguendo l’indicazione che Enzo Mazzi suggerisce e con cui apre il suo splendido libro intitolato Il valore dell’eresia (edito da Manifestolibri Editore, 2010), testo che richiamerò altre volte in questo articolo; testo che in più punti si è rivelato essermi da guida in queste riflessioni (a eccezione di quando parla del Big-Bang trasformandolo – in preda ad un eccesso di lirismo – in eresia creatrice del tutto, trasponendo il ruolo della “singolarità” fisica in “divinità”. Ecco per me quello è un po’ troppo…bello, ma troppo!).
Per cui:
«La consuetudine vorrebbe che un discorso sull’eresia iniziasse con l’etimologia: dal greco àiresis che significa scelta nel senso anche di svolta. Per poi passare alla storia […].
Digito “eresia” sul mostro di ricerca, e il primo risultato che esce è quello dell’istituto Treccani:
ereṡìa(pop. tosc.reṡìa) s. f. [dal lat. haerĕsis (nel sign. eccles.), gr. αἵρεσις, propr. «scelta», der. di αἱρέω «scegliere»]. – 1.Dottrina che si oppone a una verità rivelata e proposta come tale dalla Chiesa cattolica e, per estens., alla teologia di qualsiasi chiesa o sistema religioso, considerati come ortodossi. eccetera eccetera.
La definizione non fa una piega. È corretta. Ma quanti riescono a contestualizzare adeguatamente questa definizione prendendo in considerazione il significato di frasi come “teologia di qualsiasi chiesa o sistema religioso”? La loro applicabilità? Cos’è una teologia o un sistema religioso? E non ci sarebbe neanche da chiedersi cosa questi termini siano oggi rispetto a ieri. Infatti questi concetti (ieri come oggi) avrebbero (o avrebbero avuto) ampie possibilità di applicazione in molti campi diversi. Per rendersi conto di questo basta iterare il processo di etimologia ai termini teologia e sistema religioso e osservare cosa se ne ricava.
Secondo le “fonti”, nella stragrande maggioranza dei casi, una teologia riguarda l’apparato conoscitivo e dogmatico in relazione a un dio che rappresenta una mistica e che ha quasi sempre le caratteristiche del dio della religione cattolica. Una cosa del tutto simile avviene per il termine sistema religioso (o religione). Dove è finito il significato originario di eresia?
Sparito! Siamo davanti al processo di castrazione dell’applicabilità di un significante.
E la storia oggi qual è?
Oggi la storia è difficile da raccontare perché le dinamiche del ragionamento sono state spolpate di una qualunque possibilità di analisi. L’analisi è diventata sinonimo di complottismo, almeno che non serva a ribadire ciò che l’opinione pubblica di potere sancisce come verità. Siamo al linguaggio-macchina: 0 o 1. Una definizione può solo cadere dentro o al di fuori di ciò che è ortodosso. Nel mezzo – apparentemente – il vuoto.
Siamo alla banalizzazione dei sistemi complessi.
E qui voglio presentarvi una seconda analogia. Che prende le mosse dal mondo scientifico.
Si è deliberata la concessione a paragonare i sistemi particellari ai sistemi sociali, purché da questa operazione se ne abbia una resa di mercato. Non importa se gli elementi del secondo gruppo non sono più oggetti inanimati ma esseri umani. Basta trovare un metodo adeguato a far rincoglionire le persone; a fare tendere a zero la loro capacità di analisi critica, la loro percezione della realtà; atrofizzare gli intelletti; e questi (gli esseri umani) si trasformeranno in “biglie” e risponderanno esclusivamente alle leggi della meccanica statistica.
Qualcuno è riuscito – non si sa come – a convincere scienziati seri ad occuparsi di “gestione del potere politico”. Forse un giorno istituiranno anche una nuova categoria per il Nobel su queste teorie…se non l’hanno già fatto! Tanto loro (gli scienziati) trovano sempre la scusa buona per scrollarsi di dosso ogni responsabilità (proprio come i politici), con l’applicazione della frase standard: era una sfida a cui non potevo sottrarmi! Eppure sì che ti ci potevi sottrarre! conosco formidabili fisici teorici, scienziati, che lo hanno fatto. Queste persone hanno scelto il bene.
Certamente la cosa ha complicato loro molto la carriera, ma nella vita ci sono priorità e c’è il bene e il male; concetti applicabili soltanto in lassi di tempo relativamente brevi, siamo d’accordo; ma alla fine la vita umana questo è.
Se prima l’eresia era legata a un credo religioso, ovvero, l’idea eretica era il delinearsi e l’attuarsi di un pensiero critico che si allontanava dall’ambito circoscritto di ciò che era ritenuto sacro, imperscrutabile e quindi inviolabile e incontestabile (attenzione! qui il quindi non ha alcun particolare diritto di esprimere un’implicazione, ossia, conseguenza diretta di quanto lo precede. Normalmente se ne mitiga il potere logico dicendo che, in questo caso, il quindi è causale. Ma non fatevi ingannare; nessun quindi dovrebbe stare lì!), oggi l’eresia (sempre intesa nell’accezione negativa del termine, cioè fuorviamento dall’ortodossia costituita e imposta) la si fa nascere in ambito sociale; ma sempre sfruttando il solito mezzo. L’ignoranza.
Che non è necessariamente (o soltanto) mancanza di nozioni o di cultura; ma è il non poterle usare, oltre che il non saperle e/o volerle usare.
Procediamo per citazioni, questa volta da un altro testo (Eretici ed eresie medievali di G. G. Merlo, edizioni Il Mulino, 1989)
«[…] nel 1199 con la “Vergentis in senium” Innocenzo III aveva equiparato giuridicamente l’eresia al crimine di lesa maestà, proiettando il dissenso religioso sul piano delle violazioni all’ordinamento pubblico»
La storia è che oggi l’imperscrutabilità è stata dirottata in ambito socio-mediatico. Ma questo non è un risultato inaspettato. È il coronarsi di un processo iniziato con l’avvento dei moderni mass-media (radio, televisione, rotocalchi) e perfezionatosi con la violenta imposizione delle applicazioni tecnologiche di Internet; il World Wide Web primo tra tutti, per intendersi.
Nel 1987 Leonardo Sciascia in un articolo per El Pais, ne parlava in questi termini:
«Quando l’opinione pubblica appare divisa su un qualche clamoroso caso giudiziario – divisa in “innocentisti” e “colpevolisti” – in effetti la divisione non avviene sulla conoscenza degli elementi processuali a carico dell’imputato o a suo favore, ma per impressioni di simpatia o antipatia. Come uno scommettere su una partita di calcio o su una corsa di cavalli.»
È ciò che prima ho definito come imposizione del linguaggio-macchina 0 o 1. La binarizzazione della scelta (praticamente una non-scelta). Qui Sciascia accentua inoltre il fatto che questa non-scelta si basa sull’ignoranza dei fatti da parte degli elementi di entrambe le fazioni. Assolutizzazione dei concetti di bene e male, così da far credere che queste due entità (il bene e il male) siano quantità discrete e non fasi di passaggio di un’evoluzione organica dell’uomo e della società. Ovvero il muovere verso il raggiungimento di una fase di equilibrio globale in cui il Bene sia un Bene Comune e il Male solo il manifestarsi di discontinuità eliminabili.
E allora qui posso riallacciarmi a quella citazione di Mazzi che prima ho lasciato a metà, e far vedere cosa è stata questa storia nel passato (che comunque conosciamo bene!):
«Per poi passare alla storia, specialmente quella cristiana che nel quarto secolo (Concilio di Nicea 325 d.C.) inventa la contrapposizione tra ortodoxia e àiresis, ortodossia e eresia, che resiste fino ad oggi lasciando una orrida scia di sofferenze, umiliazioni, annullamenti, sangue e roghi.»
E questa non è un “vecchia storia”. È una storia attualissima che ripete i vecchi stilemi; il respiro circolare del male. Eppure ci sono individui che continuano a parlare di complottismo anche in faccia alla Storia. In particolare, riguardo a questo atteggiamento, mi viene in mente un testo sulla storia dell’Inquisizione; un libriccino piccolo edito dalla Tascabili Economici Newton, scritto con un’incompetenza e una cattiveria tali da risultare in più parti imbarazzante da leggere.
Uno scienziato che osserva la natura e se ne esce fuori con un modello che mette in evidenza la “debolezza” (se non l’assurdità, in certi casi) di una vecchia teoria e la rimpiazza con una più adeguata, non è un complottista.
Questo modo chiaro e diretto di declinare il concetto di scelta rivitalizzandolo della sua forza e della sua necessità di imporsi, è ciò che oggi dà adito alla versione aggiornata di quel concetto (perverso) di eresia di cui il potere religioso e politico si è servito per secoli nella sua immensa opera di purificazione delle masse che, nello specifico, si chiama olocausto (basta leggere il significato di questa parola – al di fuori della Shoah – in qualunque buon dizionario).
Il termine “eresia” acquisisce un’accezione negativa (e nefasta, lasciatemi dire) nel momento in cui si impone un potere che non lascia scelte al di fuori del suo perimetro di interessi.
Il potere (politico, religioso, economico) visto da una prospettiva comune è indice di “stabilità”. Eppure, in realtà è proprio il contrario. Per questo, per far sì che il potere ispiri in coloro che lo subiscono quella patina di “stabilità” bisogna che trovi delle forme adatte con cui esprimersi. La repressione violenta (in cui la violenza assume sembianze le più disparate) è quella più comune. In fondo l’ingiustizia non è assenza di bene, ma prevalenza del male.
Il più grande eretico della storia della Chiesa Cattolica Romana coincide con il più celebrato e famoso santo della Chiesa Cattolica Romana. Esatto! San Francesco d’Assisi.
Francesco incarnò l’eresia sin dall’inizio della sua “conversione”: rinnega il potere (la sua famiglia ricopriva una posizione di grande privilegio all’interno della società), rinnega la violenza e l’ipocrisia di colui che aveva asservito recandosi in Terra Santa a rivendicare i possedimenti della Chiesa e a sterminare i nemici della Cristianità: il Papa. Il Padre della Chiesa Cattolica Romana.
Alla morte di Francesco i suoi seguaci si dividono in due gruppi: i Conventuali e gli Spirituali. I secondi sono quelli che in maniera autentica aderiscono all’ideale francescano: di povertà, umiltà ed evangelizzazione errabonda. È in seno agli Spirituali che nasce il movimento ereticale più temuto e più combattuto della storia della Chiesa Cattolica Romana; i dolciniani.
Guidati da fra Dolcino da Novara essi rappresentano il dissenso verso l’egemonia della Chiesa Cattolica Romana mettendo per la prima volta in evidenza l’inganno protratto per secoli dietro cui si è costantemente tentato di mascherare il potere. Credo Dolcino sia stato il primo che, in maniera così chiara, abbia rivelato come il disagio religioso non sia altro che la trasposizione in ambito mistico del disagio sociale che emerge dall’oppressione e dalla violenza che il potere esercita per imporsi.
Sempre Mazzi, sempre nel suo testo già citato, accenna a quello che abbiamo appena detto e che io oggi sento così profondamente presente nella nostra quotidianità; un passaggio a limite (per sostituzione) che ha già generato il suo moderno “Vergentis in senium”; ha già cominciato a mietere le sue prime vittime.
Dice Mazzi:
«Il dogma cattolico è decisamente in declino nelle coscienze. Ma la sua eredità è stata assunta da un certo dogmatismo laico che continua ad alimentare il senso comune. La storia di questo trapasso dal dogmatismo religioso a quello laico è complessa.»
Sì, è decisamente molto complessa. È il dogmatismo che sta dietro il rifiuto di osservare la Realtà. Un impulso che fa muovere le masse lungo una direzione obbligata che ha segnato un profondo solco da cui diventa sempre più difficile uscire.
È quella dinamica che accende il panico e fa gridare “al complotto” quando invece si tratta di puro e semplice ragionamento. È il rifiuto di sforzarsi a comprendere. Il credere che le distanze (di qualunque tipo) possano essere eliminate con un click.
Lasciatemi nominare un altro grande eretico che ha cambiato il mondo: Galileo Galilei. Oggi sarebbe tacciato di complottismo perché con la sua osservazione del Reale si permise di opporsi ad un sistema “scientifico” corrotto, ciarlatano, menzognero, falso, criminale, che aveva bollito le menti di tutti. Quello cattolico.
Il potere si serve del cambiamento, dell’eresia, fin dove essa si mantiene una costante fonte di interesse economico e propagandistico per chi detiene il potere (l’esempio di Francese d’Assisi è forse quello più emblematico). Quando l’eresia, il cambiamento, diventa più propriamente “scelta” ecco che si accende la repressione. Perché non è il cambiamento in sé ma la scelta condivisa che genera la crisi di potere.
Vorrei che si potesse ripensare un po’ la realtà sociale che oggi ci circonda e la Realtà naturale da cui siamo, da sempre, indistricabili; questo significa che quanto più continueremo a perdere aderenza con la Realtà tanto più ci debiliteremo di ogni caratteristica che ci contraddistingue sia come singoli individui che come società umana.
Le contraddizioni sono un campanello d’allarme; le discontinuità logiche che guidano un buon matematico verso la dimostrazione di un teorema. E il teorema è la descrizione di un dato spesso banalmente oggettivo.
È per questo che oggi va tanto di moda la decontestualizzazione delle tematiche (ad esempio, il rispetto per l’altro con la necessità di farsi un vaccino) e si fomenta l’utilizzo improprio della logica elementare e della sua sintassi. Per tentare di distruggere la sensatezza della Realtà.
In un suo bellissimo libro del 1942, intitolato L’incubo ad aria condizionata, Henry Miller (un’altro grande eretico!) scriveva della guerra:
«La guerra è solo un rinvio dell’inevitabile disastro che ci sovrasta. Ci restano ancora pochi anni e poi tutta l’impalcatura ci rovinerà addosso. Investire qualche milione nella costruzione di macchine distruttive non è una soluzione del problema. Quando avrà termine la distruzione provocata dalla guerra, inizierà una distruzione d’altro genere. E sarà ben più drastica, ben più terribile della distruzione alla quale assistiamo ora. Le doglie della rivoluzione attanaglieranno l’intero pianeta. E infurierà l’incendio finché il mondo d’oggi cadrà in briciole fin nelle fondamenta. Allora vedremo chi ha vita, la vita più abbondante. Allora vedremo se la capacità di far soldi e la capacità di sopravvivere sono la stessa cosa. Comprenderemo allora il significato della vera ricchezza.»
La visione apocalittica penso sia lo sforzo dell’intellettuale nel tentativo di far breccia nelle menti della gente comune utilizzando la stessa moneta che quotidianamente questi (le persone) usano per continuare a sopravvivere; la violenza (in tutte le sue forme e sfumature).
Fare discorsi sensati, chiari, costruttivi, positivi, che inevitabilmente implicherebbero l’abbandono di ogni forma di violenza e la trasformazione dell’ingordigia in altruismo, in comunitarismo (che forse suona troppo vicino a comunismo per essere accettata, ma che – per fortuna – col comunismo così come lo intendono i politici, i politicanti e le masse, non ha niente a che fare) dà la sensazione di compiere uno sforzo vano, inconcludente.
In attesa di trovarne io stesso; parole buone, adatte, sintesi segnica di una grande eresia globale, che possano guidare ad una svolta, alla concretizzazione di una scelta che spinga verso la realizzazione di un vero bene comune, a chiusura di questa breve chiacchierata prendo nuovamente a prestito le parole di Miller che, nello stesso libro già citato, circa cento pagine più avanti rispetto al passo riportato sopra, scrive quanto segue (spero non sia considerata cosa da complottisti far notare che quello di Miller non è un elogio alla guerra, e che i suoi forse non sono giustificativi rispetto alle azioni che introducono, bensì auspicativi, esortativi a un non dover ricorrere alle azioni che introducono):
«Forse la guerra1 è un male che non viene per nuocere. Forse, dopo un altro bagno di sangue, daremo retta agli uomini che si sforzano di organizzare la vita in termini diversi dall’ingordigia, dalla rivalità, dall’odio, dalla morte e dalla distruzione. Forse…»
I nuovi eretici sono quelli che hanno le conoscenze per capire la Natura (nell’accezione più ampia del termine, e lì dove è possibile capirci qualcosa); comprendere il cambiamento. I nuovi eretici sono quelli che sanno che nel gioco perverso del potere cambiano i miracoli a cui credere (la tecnologia avanza), ma non cambiano le ragioni delle guerre.
1 si riferisce alla Seconda Guerra Mondiale, da poco iniziata in Europa. Miller scrive queste pagine pochi mesi prima che anche gli Stati Uniti decidano di unirsi al conflitto.
D. J. Morgan, classe 1980. Studia parallelamente fisica e musica classica, prima in Italia presso l’ateneo fiorentino e la Scuola di Musica di Fiesole, poi alla University of Sydney. Vive, studia e lavora in Australia per quasi dieci anni. Nel 2015 si trasferisce a Graz (Austria) dove risiede tuttora. La letteratura e la scrittura sono in parte ereditate dal padre, in parte coltivate da sempre come un bisogno personale; una specie di terra di mezzo (o punto di intersezione) tra la musica e la fisica. Si occupa di narrativa letteraria e di saggistica. Con la casa editrice Transeuropa pubblica il suo primo romanzo, Maverick.