Fascio-comunismo e San Patrignano. Perché la docufiction di Netflix è un grido di allarme per la sinistra

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

Ieri ho fatto il binge watching dell’intera serie, SanPa su Netflix, che merita. La docufiction riassume alla perfezione come la creatura del medium e allevatore di bestiame Vincenzo Muccioli, un chiaro esempio di patriarca romagnolo fascio-comunista, sia potuta sorgere ed espandersi fino a diventare “il biglietto da visita italiano in Europa nella lotta contro la droga”.

È molto semplice: perché lo Stato italiano si è disinteressato del problema, lo ha rimosso. Nel più completo abbandono di questo fenomeno di riflusso dalle grandi utopie giovanili degli anni settanta, la “soluzione draconiana” di Muccioli diventa la migliore possibile in quanto è l’unica che sia stata adottata. La sua efficacia (apparente) è di tipo totalitario/securitario/concentrazionario: diluisce il problema in una gerarchia di stampo militare, con tanto di contenimento, chiusure, sezioni punitive e capisezione scelti tra i più fedeli e psicopatici.

Non possiamo sapere e non sapremo mai quanti dei decessi avvenuti negli anni in quel lager volontario possano ritenersi incidentali: abbiamo contezza solo di un paio di suicidi e un omicidio. Il centro di recupero era dotato di una sua infermeria con personale proveniente dalla comunità stessa: difficile stabilire anche il numero di violenze, fisiche e sessuali, di cui pure si ha testimonianza. Il responsabile non ha mai pagato in quanto se è vero che una parte della magistratura lo ha inquisito fin dall’inizio per sequestro di persona, il sequestro avveniva su base pattizia/consensuale ed era giustificato dall’opinione pubblica e dal collegio di difesa pagato dai Moratti per via dello “stato di eccezione” prodotto da un’emergenza più grave.

L’unico studio “scientifico” sull’efficacia del “metodo Muccioli” è stato finanziato sempre dai Moratti e ha lavorato su un campione di ospiti selezionato dalla comunità. Risultato: 70 % di successi. La realtà è molto diversa, anche in termini numerici (gli ingressi venivano accresciuti mettendo nel novero pure i rientri, per cui una stessa persona poteva essere contata fino a quattro volte). Per non parlare del fatto che le idee di Muccioli sulla equiparazione di droghe pesanti e leggere, che portarono alla criminalizzazione del tossicodipendente con la legge VassalliJervolino e quindi a un nuovo flusso di ospiti (pagati dallo Stato) dalle carceri italiane a San Patrignano, sono oggi in crisi al livello planetario, mentre si assiste a un ritorno dell’eroina su vasta scala. Esempio lampante di come la privatizzazione del “recupero”, che consiste nella segregrazione del problema in una zona d’ombra del sistema, sia diventata – senza risolvere, ma alimentando con profitto l’emergenza –, anche un business non diverso da quello che ha da sempre caratterizzato la cronaca sul versante dell’affido dei minori, dell’immigrazione, delle case di riposo per anziani o di cura per malati di mente.

Ma la docufiction si presta a far luce anche su un fenomeno di stretta attualità, vista la sovrapposizione tra tossicodipendenza e contagio/malattia che si manifesta con l’Hiv/Aids a partire dalla metà degli ottanta: come sia possibile che una crisi sociale dalle cause ben più ampie e articolate dei suoi effetti produca il bisogno di affidarsi a una figura “forte”, un governo di stampo sanitario/securitario per sciogliere nella gerarchia, nella comunità privata (o “bolla”, diremmo oggi in termini di virtualità come epidemiologici), e quindi nella repressione e nella segregazione dei “rimossi”, tutti i problemi che la società non è riuscita (o non ha voluto) affrontare.

«Ho l’impressione che Muccioli abbia fatto quello che noialtri genitori progressisti non siamo stati capaci di fare: dare due schiaffoni al momento giusto.»

Dalla testimonianza di Paolo Villaggio in difesa di Muccioli al processo.

Una produzione ben fatta che mi auguro possa parlare a quella parte della sinistra immunitaria che ha deciso di affidarsi mani e piedi, in regime di “segregazione volontaria”, all’impiego fideistico di: stato di eccezione, costruzione di emergenza, soluzioni draconiane, “paradogmi”, paternalismo, vocabolario e propaganda di stampo militare, violenza e repressione “necessaria”, recupero forzoso ed emarginazione della “devianza”; in una parola tutto ciò che ho definito “populismo di sinistra” e che è una forma di fascio-comunismo alla Muccioli, appunto.


Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •