La crisi di governo come crisi di realtà

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Questa non è una crisi di governo: la crisi è in crisi.

Breve premessa. Ogni volta che si parla di smaterializzazione dovremmo tenere a mente le parole di Oliver Wendell Holmes quando afferma che nemmeno il Colosseo servirà più, fisicamente: basterà averne la riproduzione fotografica. La materia costa mentre la forma è economica e facilmente trasportabile. In sostanza, la produzione immaginaria di una cosa diventa la cosa stessa.

Se la politica può essere definita una forma di arte visiva, allora, come spiega il fotografo Joan Fontcuberta, dietro a questa valanga di immaginario c’è un fenomeno di sottrazione d’immagini dal fondale della loro apparente abbondanza. Insomma, vi è una nuova logica di produzione visiva e quindi culturale che “preferisce far esistere le immagini costruendole a partire da altre”. 

Allo stesso modo, questa non è una crisi di governo. Ma la sua riproduzione verosimile, che in quanto tale manca di realtà.

La politica gioca sull’effetto di spostamento. Spostamento dell’attenzione, di senso. All’interno della “valanga sensoriale” avviene però qualcosa che sulle prime può sembrare illogico. Se è vero che le narrazioni politico-mediatiche non procedono più per sottrazione, ma per accumulazione, è anche vero che l’accumulo viene usato come strumento sottrattivo: serve per celare altro

Non è una crisi perché è una trattativa pilotata in cui tutti vinceranno. Nessuno vuole il voto. Renzi morirebbe d’infarto asintomatico. La strada del voto è possibile solo nel caso in cui il narcisismo spietato prenda alla gola i duellanti, Conte e Renzi. E sarebbe ancor più deprimente, da un certo punto di vista. Si assisterà in buona probabilità a un cambio di “paradogma” tanto irreale da risultare ancora più forte di prima: la finta crisi suggellerà l’accordo tra le parti con l’obiettivo di una finta legittimazione che ci distragga dalla duplice crisi, sanitaria e socio-economica, in cui si sta avvitando il Paese.

Non è una crisi di governo, casomai sembrerebbe più una seduta spiritica, stanno invocando il fantasma dell’opera: Salvini. Gli elettori rimasti fedeli ai 5s, dopo il grande travaso (che possiamo datare con la fine del primo Governo Conte), hanno paura di Salvini così come si ha paura del proprio passato. Gli elettori del Pd figuriamoci: avanti la qualunque!

Cosa vuole Renzi? Far parte della cabina di regia in cui si decide come tagliare il panettone da 200 e più miliardi del Recovery Fund. Decidere a chi dare i canditi e a chi la cioccolata.

Cosa vuole Conte? Mostrarsi forte, sempre (come la pubblicità di Unieuro). Perché in fondo Renzi non lo sopporta nessuno. Non i suo fedeli e nemmeno l’Italia, che più che viva, pare essere sempre più spettrale.

Questa non è una crisi perché non si può mettere in crisi ciò che è già in crisi. La moltiplicazione visuale delle crisi sociali costringe gli individui a un “presente continuo”, a una ”eternizzazione del quotidiano”. Il governo e Renzi attuano quella che è una strategia visiva: il consumo del presente (consumo in duplice accezione: come uso e come distruzione).

In conclusione, sia che si vada a nuove elezioni, sia che si proceda a un rimpasto, sia che la situazione rimanga immutata, questa non è una crisi, ma solo il consumo di un eterno, cinico presente svuotato di realtà.

Che il Signore abbia pietà del nostro Paese. 

Bibliografia

Il sogno dell’immagine: per un’archeologia fotografica dello sguardo. Benjamin, Rauschenberg e Instagram, Giovanni Fiorentino

La furia delle immagini, Joan Fontcuberta


Fonte dell’immagine: today.it


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