Baricco, la luna e il dito, un sacco di domande
Baricco non è un pensatore originale né profondo, eppure mi colpisce la reazione immediata, direi di pancia, o viceversa il totale silenzio da parte di parecchi intellettuali rispetto ai suoi recenti articoli sul Post. Il punto non è seguire alla lettera ciò che dice Baricco, il quale come spesso gli accade è più fumo che arrosto, più acrobata che centrato, più seducente che coerente. Il punto è lo sdegno, attivo o passivo, che Baricco suscita. Questo sdegno a mio avviso sposta il problema dalla maniera in cui Baricco denuncia certe cose all’urgenza delle cose che denuncia.
Se da un lato infatti il suo elogio della flessibilità – come del resto quello di Enrico Letta insediatosi al PD – suona quantomeno ambiguo in un mondo mandato in frantumi da una certa idea capitalista di flessibilità, se sulla Costituzione spende parole confuse se non proprio dannose, se quando cita le intelligenze novecentesche più illuminate ci ficca dentro a forza John McEnroe (!), se quando parla delle piante assume un tono new age stile Carlo Verdone anni ’80, è pur vero che dall’altro lato il suo attacco allo specialismo (accademico e non solo), ai moloch della razionalità e dello scientismo, allo sguardo oggettivante dell’ego, ai palinsesti tv e alla tragica attuale incapacità di creare connessioni fra discipline diverse mi sembrano roba sacrosanta.
Non credo che l’ingenuità di Baricco sia cinica o in malafede, ma seppur lo fosse chi se ne frega? Sta aprendo una breccia. Io so che tu sai che io so è il minimo sindacale nella foresta del cybespazio. Separare il grano dal loglio è un nostro dovere ermeneutico e civico. Baricco non è uno sfigato che si autopubblica, magari geniale e però suicida a trent’anni, da santificare appena cadavere e da lasciar decantare pian pianino nei suoi libri di nicchia. Baricco dispone dei decibel per arrivare, se non ovunque, certo parecchio in là.
Stupisce semmai che l’unico pensatore mainstream a indicare le zone critiche sia lui (Agamben è molto meno pop e oramai l’hanno fatto passare per un vecchio pazzo trombone). È qui che mi “servirei” di Baricco. Non starei a fargli troppo le pulci. Non è Hegel né pretende di esserlo. Non è lui il nostro Socrate o Gesù, e forse non lo sarà nessuno mai più. È importante però che anche Baricco stia arrivando, coi suoi limiti (e chi di noi non ne ha?), a conclusioni che la stragrande maggioranza dei volti più o meno noti della cultura ufficiale sembra ignorare e di cui non parla mai.
Allora mi pongo una domanda che mai nella mia vita avrei pensato di pormi: che Baricco sia scomodo? Che venga utile dileggiarlo, screditarlo, azzerarlo? Due sono i malintesi delle risposte più o meno schifate a Baricco in cui m’imbatto. Uno la definirei ancient regime: Baricco ha fondato la Holden, Baricco è il male assoluto, Baricco è la Rovina Delle Sacre Lettere, che ne sa Baricco dei veri problemi della Cultura con la C maiuscola? Il secondo lo definirei neo/liberista (un negazionismo mascherato da asserzione categorica): Baricco è uno stregone fallito che canta la sua nenia nel suo boschetto di banani mentre noialtri siamo gente preparata, pratica e soprattutto SERIA.
Ma ci sono un sacco di però. Il mondo sta DAVVERO collassando. La Costituzione sta DAVVERO diventando carta straccia. La democrazia sta DAVVERO smarrendo la sua natura di mutuo soccorso e di rappresentatività. Le élites fanno DAVVERO il bello e il cattivo tempo. Il Covid sta DAVVERO tranciando la coda del Novecento col rischio di farne ricrescere due. Le categorie del Novecento DAVVERO non bastano più perché il Novecento è stato un secolo suicidario anzitutto politicamente; esse costituiscono al limite un’ottima base per tentare altro.
La mia strada non è quella che propone Baricco, io non sceglierei i nomi che sceglie lui, ma al momento non m’interessa. L’unica cosa che m’interessa è aggregare una massa critica in grado di opporsi al discorso dominante (un discorso sostanzialmente TINA, il Ther Is No Alternative thatcheriano che sa diventare bifronte, assumendo il volto del vecchio snob e il volto del vecchio severo (Mario Monti, il papà di Mario Draghi, riesce mirabilmente a incarnarli entrambi e al contempo, bontà sua). La massa critica può, almeno all’inizio, servirsi delle leve più diverse e arruolare gli spiriti più diversi, purché accomunati dalla consapevolezza che così non si può andare avanti – non per un decennio, non per cinque anni, non per un anno. Così non si può più andare avanti fin da adesso. Adesso, anzi, è già tardi. Fra un secondo è già tardi. Questa credo sia la luna, e Baricco il dito. A ciascuno di noi scegliere dove e cosa guardare.
Enrico Macioci è nato nel 1975. Ha pubblicato Terremoto (Terre di Mezzo), La dissoluzione familiare (Indiana), Breve storia del talento e Lettera d’amore allo yeti (Mondadori), e la silloge poetica L’abete nel cerchio (Saya). Ha inoltre curato la raccolta di saggi su It di Stephen King Dentro al nero (Effigie). Ha collaborato con Repubblica e O’Magazine.