Scarpate pasquali a Fuori Controllo

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Dopo il daimyo Franchini – che ci ha raccontato che nulla di quanto accade nel mondo editoriale è colpa sua –, e Raimo – che ci ha menato per l’aia, alla lettera –, entra nel ring di Fuori Controllo nientemeno che Tiziano Scarpa, ex Cannibale (ma non antologizzato!) e Premio Strega 2009.

Lo Svapatore di Massa inizia da par suo, si prende qualche minuto per inquadrare il ruolo e i meriti di Scarpa e poi lo incalza sulle sue posizioni riguardo l’emergenza Covid, che appaiono desolatamente allineate alla narrazione dominante.

La favella di Scarpa, pur veneziana, ricorda quella di Beppe Grillo, la sua voce è affilatissima, e fin dal primo istante cancella l’eventualità di un’altra partita “in vigile attesa e tachipirina” come quella con Raimo. Infatti, laddove il vate di Roma Tre marciava stoico attraverso le randellate inflitte al suo egotismo, l’agguerrito Favolista accoglie con altrettanti spasmi muscolari le parole dello Svapatore, ma il suo sarcasmo non fa una piega: confessa “a prescindere”, neanche fosse davanti a un tribunale sovietico, di aver detto solo cazzate, di aver scritto solo merda, e che per il resto «è tutto come dite voi».
Tra le tecniche di difesa identitaria viste a oggi, questa è la più spassosa, e forse anche la più efficace, perché per i primi venti minuti imbriglia la conversazione in modo perfetto, finché lo Svapatore non annuncia: «Adesso basta con il cazzeggio.»

Col passare del tempo si guadagna sempre più spazio anche Simone Cerlini, appena uscito dalle chine delle sorelle Giussani, che da moderatore in pectore ammorbidisce, con una punta di veleno in coda, le domande di Milani, costringendo Scarpa ad abbassare la guardia; così registriamo la prima, determinante ammissione del Doge delle lettere: oggi, l’unico modo per vivere di quel che si scrive è produrre gialli, o essere donne che trattano di donne-vessate-alla-ricerca-di-rivalsa.

Al di là della vecchia polemica sui giallisti – un indotto alimentare che nessuno può credere di mettere davvero in discussione, finché funziona  –, e sulle scrittrici porno-emotive, di cui abbiamo trattato qui, lo spunto di Scarpa è fondamentale: neppure gli scrittori affermati campano di quel che fanno, per questo devono diventare uomini d’azienda, e la loro azienda, il mondo delle lettere, li costringe al crumirismo, lega loro le mani, e li forza ad arrancare dietro corsi di scrittura, festival, premiazioni, ma anche una produzione a catena di montaggio (come sostiene Milani) che garantisca loro una presenza costante.

Qui cade il punto di snodo delle nostre tesi: solo il working class hero ha la libertà necessaria per innovare il panorama letterario, poiché si guadagna da vivere con attività che non hanno nulla a che fare con l’editoria, e ha un vissuto alternativo da rappresentare, capace di allargare il fronte di interesse sul romanzesco. Cosa gli manca? Tempo, tecnica e contatti: ecco perché esistono gli Imperdonabili.

Lo Svapatore ha in canna e accenna a tutto questo, ma la trance agonistica lo conduce a una personalizzazione dello scontro, quando forse sarebbe stato opportuno tenere il discorso nelle dimensioni di una macro analisi di settore: così Milani si trova ad accusare il suo avversario di non aver vissuto o comunque di non avere esperienze autentiche da raccontare. Scarpa, a suo agio quando gioca in difesa, alza di nuovo il Mose del sarcasmo: lui non è qui per farsi «incaprettare», lui è qui in qualità di «incursore» alieno a qualunque contingenza, parla all’eterno e ascolta la musa.

In quest’ultima frase mostra almeno tre livelli di sarcasmo e autoironia, un labirinto semantico nel quale, a tratti, ci si perde del tutto.

Lo scontro prosegue a livelli di animosità notevoli, e l’oggetto della discussione inizia a perdere importanza, al punto che Milani e Scarpa si accalorano su chi ha scoperto Saviano e chi Moresco, mentre al Diaboliko Cerlini scappa, comprensibilmente, da ridere.

Il discorso si avvita, più tardi, sul Premio Strega: Scarpa tratta determinati premi pop-istituzionali con estrema cautela (probabilmente non ha letto capolavori quali Il Colibrì e Sembrava un romanzo, altrimenti non se la sarebbe sentita di glissare).

Verso la fine, il Favolista rivolge il suo gufesco cipiglio ai veri avvelenatori di pozzi, gli impostori come Gramellini: li addita quali soli responsabili della decadenza, e poi torna a prendersela coi giallisti e con la narrativa del vittimismo al femminile; ecco, allora la decadenza esiste, come mai si è passata un’ora e mezza dietro le trincee? Gli attacchi di Milani, troppo falloso, e la difesa a dighe mobili di Scarpa, permaloso a prescindere, hanno limitato il potenziale di un dibattito che è riuscito comunque a far emergere temi interessanti, e a farci intravedere uno scrittore che potrebbe essere, almeno in potenza, un Imperdonabile doc.


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