Coronavirus e Rivoluzione: il manifesto di COVID-19

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Uno spettro si aggira per la Terra: lo spettro del Coronavirus. Tutte le potenze del Vecchio Mondo si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: il Papa e la UE, Xi Jinping e Donald Trump, falsi socialisti francesi e finanzieri tedeschi. È ormai tempo di esporre apertamente in faccia al globo i suoi fini e le sue tendenze, e che si contrapponga alla favola dello spettro del virus un manifesto del COVID-19 stesso.

Non ha alcuna importanza cosa esso sia dal punto di vista scientifico. Anzi: cosa sia. Il mondo è ciò che accade. E non ci si perda in sottigliezze. Due soli punti vanno considerati.

  1. Azione.
  2. Reazioni.

Punto primo: azione. Il Coronavirus al contrario delle epidemie apocalittiche letterarie – da «Io sono leggenda» in poi – non trasforma in zombie gli umani. Semmai uccide gli zombie: i vecchi. I principali responsabili della Brexit, dell’elezione di Donald Trump e dell’ascesa dei nazionalismi. Basti osservare le curve di voto divise per età nei principali trionfi della nuova destra: semplici dati. Eccone un altro. Negli anni ’90 la ricchezza mediana degli under 30 era di poco superiore a quella degli over 65. Oggi il patrimonio degli anziani è quasi dodici volte maggiore. Si è passati da un rapporto di 78.501€ a 57.327€ a una situazione di 12.029€ a 143.000€. Questa è l’Italia.

Punto secondo: reazioni. La difesa dell’ordine costituito attinge al solito vecchio armamentario di repressione e leggi speciali. Dal quartiere della periferia milanese alle isole greche, il mondo pare strutturarsi in un frattale: erezione di confini, limitazione delle libertà, diffusione televisiva e informatica del panico, xenofobia.

E ora: il nostro compito. Se da un lato il quadro appare sconfortante, dall’altro non mancano i segnali positivi. Nonostante tutto, il virus si diffonde. Decisiva sotto questo punto di vista è l’avidità intrinseca al neoliberismo, la sua incapacità di fermarsi senza collassare: mentre scuole, stadi, bar, cinema e biblioteche vengono chiusi, le attività economiche continuano a proliferare. E con esse, il contagio. Ciò testimonia la forza del COVID-19, quantomeno dal punto di vista della resistenza e della diffusione. La sua percentuale di vittime – invece – rimane ancora piuttosto bassa. Questa sventura non ci esime però dal propagarlo il più possibile: la letalità del virus non è necessaria al collasso dello Stato. Il potere ha infatti fabbricato da sé la propria caduta, sommando allo smantellamento del welfare sanitario una narrazione mediatica finalizzata a giustificare una stretta decisiva delle libertà e il definitivo soffocamento del futuro tra le spire del realismo capitalista. Oggi – per un’ultima e irripetibile congiuntura – tutte queste favole apocalittiche possono essere sfruttate a nostro favore. Sebbene l’emergenza sia stata gestita in modo da ripercuotersi soprattutto sugli strati economico-sociali più deboli, gli oppressi della terra hanno nelle proprie mani l’arma per rovesciare il potere. Di più: nel proprio corpo, nel proprio sangue. Siamo alla battaglia finale. Chi paragona i nuovi eroi della destra ai fascismi della prima metà del XX secolo non ha compreso nulla: là dove questi ultimi germogliarono nell’humus di nazioni «giovani» e propugnavano ideologie rivolte al futuro (un futuro tremendo, certo, ma pur sempre tale), il nazionalismo del 2000 è puramente difensivo. Il pianeta si sta surriscaldando, le risorse scarseggiano, e il vecchio Occidente non vuole rinunciare al suo stile di vita. La risposta? Il nazionalismo e nuovi enormi genocidi che già si stagliano sull’orizzonte degli anni ’20, ai confini militarizzati del Mondo Libero. È semplice come matematica: «il totalitarismo politico diviene accettabile per la maggioranza della popolazione quando l’alternativa è la precipitazione di condizioni ambientali insostenibili, e il genocidio diviene accettabile quando appare come la sola possibilità di evitare l’estinzione per la propria famiglia o per la propria nazione». Ci resta una sola via di fuga: il virus. È quindi di fondamentale importanza non rispettare le regole di profilassi sanitaria, scendere per le strade, baciarsi, fare l’amore, rubare e riprendere possesso delle nostre città gentrificate proprio ora che la rete di controllo è più debole. Diffondiamo il COVID-19, inceppiamo i meccanismi del neoliberismo, uccidiamo i suoi artefici. Nessun sistema sanitario è abbastanza potente da affrontare un’umanità determinata a propagare il contagio. Siamo la maggioranza. Siamo il popolo. Siamo il 99%. In molti moriranno: uccisi dai paladini dell’ordine o dalla malattia stessa. È un sacrificio che non temiamo di affrontare.

Oggi si decidono le sorti del mondo. Lo costruiremo sulle macerie del vecchio. Ma ora è il momento: ammalatevi. E sputategli in faccia.

*** *** ***

Fotografia a corredo di Michela Bin, per gentile concessione dell’autrice. Nata a Trieste nel 1972, Michela Bin è laureata in archeologia medievale presso l’Università di Trieste; appassionata di fotografia da sempre, ha approfondito le sue conoscenze, tra gli altri, con Graziano Perotti.


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