Per una cultura comune tra autori e lettori: lettera agli Imperdonabili

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Se, come affermato fin dal primo manifesto, gli Imperdonabili vogliono “ridefinire ruolo e funzione del contesto editoriale e letterario”, sfuggire alla soffocante presa del sistema editoriale oligopolistico e aprire nuovi modelli di incontro tra autori e lettori, non possono a mio avviso fare a meno di coinvolgere i lettori come protagonisti di questa iniziativa. Lettori visti non più come “terminali passivi” di un processo editoriale industrializzato, diretto dalle logiche di distribuzione e pubblicitarie, per cui il libro diventa un prodotto di consumo standardizzato e sterilizzato, ma come interlocutori attivi, presenti ed esigenti, degli autori. Se oggi le case editrici spesso non svolgono più neanche quel compito di mediatori intelligenti tra autori e lettori cui ancora qualche decennio fa assolvevano, la risposta naturale non può che essere una radicale disintermediazione. E se per gli autori si potrà parlare di collettivi, magari su base locale, allo stesso modo si dovranno costruire delle community di lettori pienamente intersecate con quelle degli autori, con cui condividano conoscenze, direttrici di ricerca, piattaforme di condivisione, in una parola una cultura comune nella quale la distinzione tra autore e lettore possa sfumare fino a diventare superata.

In concreto, non si può immaginare che questo avvenga senza un percorso di formazione. Al lettore che oggi pesca il primo libro dalla pila dei bestseller in una libreria di catena devono essere forniti gli stessi strumenti critici che gli autori Imperdonabili si propongono di mettere al centro della propria opera e che richiedono uno sforzo attivo per essere acquisiti. Il decalogo letterario degli Imperdonabili non è e non può essere diretto solo agli autori, ma deve innanzitutto arrivare ai lettori, accrescerne la conoscenza, permettere loro di leggere consapevoli delle strutture e delle tecniche narrative che gli Imperdonabili accettano o respingono, in una parola consentire al lettore di scegliere.

Per ottenere questo, occorre creare una sorta di scuola di lettura informale, con riferimenti, materiali, testi, webinar, versioni “beta” di opere ai quali i lettori possano accedere partecipando alla community degli Imperdonabili, magari con un abbonamento annuale che contribuisca al crowdfunding delle opere migliori.

Il libro diventerà così il punto di arrivo di un processo creativo che arricchirà contemporaneamente scrittori e lettori, eliminando l’anacronistica mediazione di editori e librai sempre più assimilabili alla GDO dei prodotti da supermercato. Dove il mercato oggi crea scuole di scrittura che a volte, tolte le eccellenze che per fortuna ci sono, non sono altro che uno dei modi con cui editori e scrittori più o meno affermati arrotondano le loro magre entrate a spese degli aspiranti autori, una community di lettura e scrittura può ristabilire in modo trasparente un rapporto diretto e sano tra scrittori e lettori, che grazie a essa acquisiranno strumenti per interpretare non solo i libri Imperdonabili, ma anche quelli della produzione convenzionale.

Invito quindi a pensare un vero e proprio percorso formativo per lettori, sia pure informale, che li conduca a essere lettori Imperdonabili, a dialogare da pari a pari con gli autori, quando non magari a diventare autori essi stessi.

Firmato: Filippo Ottonieri, lettore

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Fotografia a corredo di Michela Bin, per gentile concessione dell’autrice. Nata a Trieste nel 1972, Michela Bin è laureata in archeologia medievale presso l’Università di Trieste; appassionata di fotografia da sempre, ha approfondito le sue conoscenze, tra gli altri, con Graziano Perotti.


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